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INCIPIT
PARTE I: La
Maja vestida e la Maja desnuda
Babe,
vengo spesso a sentirti nel ventre della balena bianca. A volte
piena
di livore contro l’umanità intera, a volte
piacevolmente impaziente, quasi sempre in ritardo come una sposa.
E in questo caso non ci vuole molto, basta scavalcare. Quando poi mi
siedo sulla tomba, finalmente la mia tranquillità si ricompone piano
piano in mezzo alle piante. Non c’è distanza, è tutto qui sotto. Un
passato perduto e racchiuso, ci sono odori, sapori, ricordi che ti
evocano. È come premere un tasto, un momento di grazia che spero
duri per sempre. Si è quel che si sente. E poi chi sente forse
dialoga, chissà. Affettuosa e infantile io, spirito irriverente
dell’isola che non c’è più tu. Tu che sei qui sotto. Sotto. E mi
guardi dalla parte delle radici. Sopra. Mi guardi. Sotto. Ti guardo.
Sopra. Quanti centimetri di terra ci separano? Sotto. Sopra.
Confortante. Dimmi, riposi in pace? A me rimane l’urgenza di
trovarti, da qualche parte.
“Ma pensa la
coincidenza”, ti dico, “incontrarci qui stasera”. E tu, come al
solito, ti sciogli.
La platea ride
educatamente: quant’è spiritosa.
Quelli che
alzano sempre la mano e si sforzano di dire
qualcosa-che-nessuno-ha-mai-detto hanno già dato. Per fortuna.
Fortuna.
Lo faccio
apposta a pensare queste piccole cose prive di senso. Così. Tanto
per ingannare l’attesa. Perché l’attesa è sempre la parte migliore.
Vivere la vigilia. |
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